Le previsioni di cui ai nn. 21) e 39) della tabella A, parte seconda, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633, e le successive modifiche ed integrazioni, per la costruzione e la cessione (da parte di azienda costruttrice) di case di abitazione non di lusso classificabili come “prima casa”, prevedono l’applicazione di un’aliquota agevolata del 4% per l’imposta sul valore aggiunto. Di seguito si riporta, per facilità di lettura, il testo della norma.
Beni e servizi soggetti all’aliquota del 4 per cento
[…]
21) case di abitazione ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ancorché non ultimate, purché permanga l’originaria destinazione, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis) all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. In caso di dichiarazione mendace nell’atto di acquisto, ovvero di rivendita nel quinquennio dalla data dell’atto, si applicano le disposizioni indicate nella predetta nota;
[…]
39) prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione dei fabbricati di cui all’articolo 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive modificazioni effettuate nei confronti di soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la successiva vendita, ivi comprese le cooperative edilizie e loro consorzi, anche se a proprietà indivisa, o di soggetti per i quali ricorrono le condizioni richiamate nel numero 21), nonché alla realizzazione delle costruzioni rurali di cui al numero 21-bis).
Lo stesso dicasi per i fabbricati cosiddetti “Tupini” (per i quali vale quanto previsto nei punti 24 e 39 della citata tabella) ed inoltre, con Circolare del 30/11/2000 n. 219 del Ministero delle Finanze, è stato acclarato che anche alle prestazioni di servizi dipendenti da contratto di appalto relativi all’ampliamento di una “prima casa” sia applicabile l’aliquota ridotta del 4%.
È pacifico quindi che sulle attività di costruzione e ampliamento, piuttosto che sulla cessione da parte di azienda costruttrice è possibile che il cliente finale usufruisca, a determinate condizioni, dell’aliquota iva agevolata del 4%. Il punto chiave delle normative prime citate è che si tratti di servizi prestati direttamente da aziende di costruzione e ciò sia nel caso della nuova realizzazione, sia nel caso dell’ampliamento, sia nel caso di cessione. Per completezza pare anche utile evidenziare in questa sede che le attività dei servizi di costruzione sono rientranti nella sezione F dei codici ateco: in particolare, poi, la costruzione di edifici è codificata con 41, a differenza di ingegneria civile e lavori di costruzione specializzati che sono rispettivamente codificate con 42 e 43.
Più volte è stato invece sollevato il dubbio rispetto all’applicabilità o meno dell’aliquota iva agevolata su servizi collegati alle attività di costruzione: è il caso ad esempio delle indagini in situ e delle prove di laboratorio o, ancora, delle prestazioni professionali.
Dal tenore letterale della norma essi, come abbiamo visto, non rientrano nell’alveo dell’applicabilità dell’agevolazione.
Pare doveroso, tra l’altro ricordare, che le attività professionali, scientifiche e tecniche fanno parte della sezione M dei codici ateco. Vale la pena fare notare anche che, nel caso specifico delle prove di laboratorio e delle indagini in situ, i codici ateco di riferimento sono il 71.20.1 (collaudi ed analisi tecniche di prodotti) ed il 71.12.50 (attività di studio geologico e di prospezione geognostica e mineraria).
Ad abundantiam si riporta, per analogia, la circolare 7 aprile 2000 n.71/E del Ministero delle Finanze – relativa però, si badi, agli interventi di recupero del patrimonio edilizio a prevalente destinazione abitativa privata – che chiarisce letteralmente che “non rientrano nell’agevolazione le prestazioni rese da professionisti in quanto esse non hanno ad oggetto la materiale realizzazione dell’intervento ma risultano a questo collegate solo in maniera indiretta”.
Da ultimo vale la pena precisare, essendo questione ricorrente, che a nulla vale l’autocertificazione del cliente, anche con l’espresso impegno in caso di contestazione a farsi carico o a risarcire il soggetto emittente la fattura per la parte di iva eventualmente non applicata e fatturata: l’errore e tutte le relative conseguenze amministrative (e su eventuali grandi numeri, penali), restano comunque in carico innanzitutto al soggetto fatturante, così come i rischi di mancato recupero.